Whistleblowing denuncia illeciti: ecco le tutele previste per i lavoratori che denunciano eventuali illeciti commessi sul lavoro
Denunciare un fatto illecito commesso da una determinata persona, ad esempio un collega durante l’orario di lavoro, potrebbe non essere semplice.
In molti, infatti, hanno paura di subire delle ritorsioni sul lavoro o, nei casi peggiori, di perdere la propria occupazione.
Tuttavia, denunciare l’altrui illecito è importante. Farlo, infatti, non significa voler compiere un torto ad un collega, bensì evitare che l’azienda o l’amministrazione pubblica, possa subire un danno derivante da condotte illecite. Il legislatore, proprio per incentivare queste condotte, ha deciso di introdurre nel nostro sistema ordinamentale la figura del whistleblowing.
Cos’è il whistleblowing e come funziona
Il ruolo di questa particolare figura può essere ben compreso grazie alla whistleblowing definizione: “soffiatore di fischietto“.
Con questo termine si indica il soggetto che denuncia l’illecito commesso dal collega sul luogo di lavoro.
In italiano non esiste un termine che, da un punto di vista semantico, riesca a tradure “whistleblowing” con il relativo significato.
Tuttavia, nonostante tutto, si tratta di un istituto ampiamente conosciuto ed attuato anche nel nostro tessuto ordinamentale. Per quanto concerne il funzionamento del whistleblowing, la legge n. 179 del 30 novembre 2017 tratta espressamente il tema della tutela del lavoratore che segnala gli illeciti, andando così a modificare l’art 54 bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Infatti, viene introdotta la possibilità di effettuare la segnalazione al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza direttamente in azienda, oppure, presso il whistleblowing anac o presso l’autorità giudiziaria.
Pertanto, il lavoratore che svolge il ruolo di whistleblower (ovvero denuncia l’altrui illecito commesso nei luoghi di lavoro) non può subire ripercussioni sul posto di lavoro a causa della denuncia.
In poche parole, il lavoratore non può essere demansionato, trasferito, licenziato o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, sia diretti che indiretti, determinata dalla segnalazione.
Nel caso si verificasse uno degli eventi testé citati, il whistleblower può segnalarlo all’Anac per attivare la procedura di tutela.
Inoltre, occorre precisare che la legge garantisce il pieno anonimato del whistleblowing, salvo il caso in cui, nel procedimento disciplinare, l’identità dello stesso serva alla persona incolpata per la propria difesa, in tal caso l’identità del whistleblower potrà essere rivelata ma solo su suo consenso.
Quali sono le principali novità all’interno del settore pubblico e di quello privato
A dicembre 2022 è scaduto il termine finale per il recepimento nel nostro ordinamento della direttiva UE 2019/1937 emanata dal Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019 in tema di whistleblowing ed attualmente si attende il dlgs che attuerà concretamente la direttiva citata.
La legge delega 22 aprile 2021 n. 53 prevede alcuni principi e criteri direttivi che vincolano l’operato dell’esecutivo in materia: di modifica della normativa vigente in materia di whistleblowing, operando le necessarie abrogazioni e adottando le opportune disposizioni transitorie; curare il coordinamento con le disposizioni vigenti, assicurando un elevato grado di protezione del denunciante; introdurre o conservare, in conformità dell’art. 25 paragrafo 1, le disposizioni più favorevoli ai diritti dei segnalanti.
In attesa della stesura del decreto legislativo, è necessario identificare ed attuare le indicazioni che vengono in materia di whistleblowing dalle linee guida dell’ANAC adottate in data 9 giugno 2021 con delibera n. 469.
Nel settore privato, invece, la principale novità riguarda i modelli di organizzazione, gestione e controllo, i quali devono prestabilire: uno o più canali per le segnalazioni nel rispetto della riservatezza del segnalante, un canale alternativo per le segnalazioni, che con modalità informatiche possa tutelare la riservatezza del denunciante. In poche parole, la legge 2017 sopra richiamata, crea un’integrazione tra whistleblowing e 231 (decreto legislativo del 2001).
Anche in questo caso, lo scopo è quello di tutelare i denuncianti e di incentivare i lavoratori a denunciare eventuali illeciti scoperti nel luogo di lavoro. Ovviamente, visto che si tratta di modelli facoltativi, le misure previste a tutela dei whistleblowers saranno anch’esse facoltative.
Infine, ad oggi le forme di tutela previste per il settore privato sono uguali a quelle previste per il settore pubblico, tuttavia, l’inserimento della normativa del whistleblowing nel decreto legislativo 231 del 2001 presuppone la predisposizione di un sistema di compliance prescritto dal decreto stesso.
In conclusione, la tutela del denunciante è affidata all’ente che dovrà integrare il proprio modello organizzativo.
Come denunciare gli illeciti commessi senza correre rischi?
Le modalità mediante le quali è possibile effettuare le denunce variano a seconda dell’organizzazione in cui si lavora.
In poche parole, varia tra pubblico e privato.
Ad ogni modo, in ogni caso, tutte le procedure devono garantire l’anonimato del denunciante.
Nel settore pubblico, il dipendente può denunciare le azioni illecite delle quali è venuto a conoscenza durante il lavoro presso l’ANAC, al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, oppure, direttamente alle autorità giudiziarie o contabili.
Nel settore privato, invece, la disciplina del whistleblowing, come anticipato, si interseca con il dlgs n. 231/2001.
Pertanto, il lavoratore intenzionato a “soffiare il fischietto” ovvero denunciare l’illecito di cui è venuto a conoscenza durante il lavoro, deve farlo tramite i canali messi a disposizione dall’azienda.
Questo perché, dopo l’approvazione della suddetta normativa, tutte le organizzazioni private sono tenute a definire uno o più canali per garantire la corretta segnalazione di illeciti e la piena riservatezza del whistleblower